“Umanamente necessario”. Sono queste le parole con le quali gli autori del progetto fotografico”foglio 68 L’Aquila” descrivono l'esigenza che li ha spinti ad osservare, indagare e in qualche modo ricomporre le fratture, le faglie e le contraddizioni di Luogo complesso come Pettino. Un'esigenza, quella rappresentata da Andrea Coletti, Giampiero Duronio e Sergio Maritato, che l'Ordine degli Architetti P.P. e C. della Provincia dell’Aquila, attraverso il proprio patrocinio, ha sentito di dover condividere in ogni sua sfumatura, intenzione, obiettivo. La riappropriazione materiale e immateriale di quegli spazi urbani spesso superficialmente definiti come periferici – sarebbe forse più giusto definirli laterali, decentrati o, ancora meglio, per usare uno dei concetti-guida del progetto qui pubblicato, liminali – , quale è senza dubbio quello che insiste sul territorio di Pettino, infatti, è o dovrebbe essere uno degli scopi principali cui l'architettura contemporanea, intesa tout court, dovrebbe tendere sempre. Perché, nel contesto storico di questa epoca, che è epoca della tecnica, del virtuale e, presto, del transumano, non c'è cosa più necessaria di questa; necessaria umanamente, certo, ma pure socialmente, culturalmente e, nel caso del nostro Ordine, persino professionalmente. È, infatti, solo attraverso una possibile riappropriazione di tali spazi che il Luogo senza volto per eccellenza – quello marginale, laterale, che nello sguardo è relegato al secondo piano – può trasformarsi in Paesaggio propriamente detto: uno spazio, cioè, finalmente dotato di senso e capace di produrne ancora nel futuro.”foglio 68 L’Aquila” procede esattamente in questa direzione, riuscendo, attraverso lo sguardo fotografico, a disegnare i lineamenti di un Luogo come Pettino, affinché esso possa mutare in qualcosa di altro, di diverso. In qualcosa che, insomma, sia in grado di generare senso per chi ci vive o per chi, semplicemente, è di passaggio. Tale volontà emerge da ogni scatto, ogni taglio, ogni prospettiva: è la volontà di generare un'idea, la quale sempre origina primariamente da uno sguardo, che dia senso, indagando, mostrando e infine ricomponendo tutti i contraddittori frammenti di un mondo emergente oltre il confine della Città che tutti conoscono. Si tratta, in fin dei conti, di fare con la macchina fotografica ciò che l'architetto farebbe con una matita: ridisegnare, ricomporre, ordinare, dare un'identità a uno Luogo che, per gli infiniti paradossi che la Storia continuamente genera, stenta ad avere. Ma è anche qualcosa che ha che fare con la Verità nel suo senso più antico e profondo, con un dischiudere, uno svelare, un rivelare i caratteri propri di uno spazio altrimenti anonimo, intercambiabile, persino invisibile. D'altra parte, ogni cosa, compresi i Luoghi più marginali, ha i propri, insostituibili caratteri; e, in questo senso, il progetto coglie nel segno riuscendo a raccontare Pettino non come limes oltre il quale non è consentito andare ma come Limen dalla cui soglia invece si può e si deve passare, da cui si entra e si esce, ma pure sulla quale ci si ferma per guardare, domandare, riflettere.
(dal testo introduttivo di Sara Liberatore - Presidente Ordine degli Architetti della Provincia di L’Aquila)